Banda superlarga, eh? Come sempre: a chi tanto, a chi niente
Non trovo molto sensato tutto il clamore intorno alle iniziative di banda superlarga, sia fissa che mobile, a cui si sta assistendo negli ultimi giorni. Anzi, a essere sinceri, non trovo sensate neppure le iniziative in sé: mi spiego meglio.
Essendo prima di tutto un appassionato, di certo non voglio assumere una posizione a favore dello stallo tecnologico, questo deve essere chiaro: le novità ci sono, il modo per correre di più c’è, ma un conto è farci qualche prova, un conto è fare degli investimenti a spicchi.
Non c'è niente da ridere: in Italia, in alcune zone, la situazione non è questa ma ci manca poco
Si parla di due questioni: la banda larga in fibra a 100 Megabit/s e il progetto di Vodafone, che nelle ultime ore impazza sui titoli, indirizzato a portare a oltre 40 Megabit/s la connettività mobile. La direzione intrapresa per entrambi gli scenari, a mio personale avviso, non sta facendo altro che aumentare il divario digitale.
In maniera molto semplicistica potrei ricordare che le connessioni mobili 3G/HSDPA, spacciate da tutti gli operatori come connessioni a 7.2 Megabit al secondo, appaiono in realtà come fossero una gigantesca truffa: se qualcuno ha i mezzi per dimostrare il contrario, scriva nei commenti e dimostri di essere riuscito almeno una volta a impiegare una chiavetta 3G/HSDPA e vederla viaggiare, non dico tanto, almeno a 6 Mbps. Non cito nemmeno le proposte di usare chiavette a 14.4 o 28.8 Mbps: se non riescono ad andare a 7, figurarsi oltre.
E passiamo alla banda larga fissa. La realtà dei fatti qual’è? La raccontavo qualche tempo fa, cercando di far luce sul dilemma “Telecom o non Telecom”, che si pone spesso a chi vuole allacciarsi alla Rete. Ebbene, sostanzialmente quello scenario non è cambiato: con il deployment della fibra le dinamiche saranno grosso modo le stesse.
In tutto questo va fatta una considerazione di fondo: quando si sceglie di impiegare Telecom Italia (per Internet: lasciamo stare la telefonia), ancora oggi si parla di scegliere l’operatore dominante, quello che, di fatto, ha proprietà in tutta la filiera, dalla dorsale a casa del cliente. Quando si scelgono altri operatori, bisogna fare attenzione: se si sceglie un piccolo operatore, si sa già in anticipo di diventare dei sub-affittuari. Se si sceglie uno dei “grandi” (Fastweb, Wind/Infostrada, BT/Albacom, Tele2 o TeleTu che dir si voglia, Tiscali ed Eutelia) occorre accertarsi di diventare davvero loro clienti e basta.
Per esempio, Eutelia permette, con grande trasparenza (anche se poi è miserevole sotto altri aspetti come quello del Call Center) di sapere esattamente come stanno le cose: basta recarsi sulla pagina “Verifica copertura servizi a banda larga wholesale”, inserire il proprio numero di telefono Telecom Italia e da lì si può sapere esattamente se si sarà davvero suoi clienti o se lo si sarà utilizzando di fatto delle apparecchiature e della connettività in “subaffitto” di Telecom Italia (vedi figure in alto a sinistra).
Ora: sostituire Tele2 o TeleTu con Vodafone, perché quest’ultima possiede la medesima. In pratica, il cablaggio della fibra verrà suddiviso tra i grandi operatori: ed è ovvio, nessun piccolo operatore avrebbe il potere economico di investire in simili iniziative. Il triste viene da due aspetti: il primo è che i grandi vengono scelti perché hanno il potere economico, ma all’atto dell’investire non tirano fuori un soldo, fanno del tutto per farselo anticipare dalle banche. Il secondo è che (nella migliore delle ipotesi) di fatto si viene a creare un nuovo “multipolio”, la cui consistenza è spalmata su sei grandi nomi.
Vediamola lato utenti: in questo sciocco paese c’è ancora una quota di digital divide notevolissima, oserei dire intollerabile. C’è ancora gente costretta ad usare la linea ISDN (che offre massimo 128 Kilobit/s, usando due canali) o, peggio, il modem a 56 Kilobit/s. Già, perché non bisogna farsi tradire dai comunicati stampa, che si riempiono la bocca con “3G” e “HSDPA”: in certi paesini, proprio laddove si usa ancora il modem, una debole rete cellulare magari c’è pure, ma di 3G spesso non ce ne è neanche l’ombra. E guardando “per aria”, il massimo che si può avere (forse) è una flebile e instabile connessione EDGE, ossia un massimo di 200 Kbps in condizioni ottimali, quindi di fatto molto meno.
Io dico solo una cosa, anche se si parla di due questioni diverse e di scenari diversi che, però, richiedono ingenti investimenti in ambo i casi: invece di spendere soldi per portare la fibra a pochi, invece di turlupinare il prossimo con stazioni radio base capaci di HSPA+ a 40 Mbps e oltre, che poi saranno sistematicamente strozzate o poco rifornite dalla dorsale, non sarebbe meglio livellare il servizio e fare in modo che tutti, dico tutti, quando usano una chiavetta a 7,2 Mbps ci vadano davvero? E che quando hanno una modesta ADSL a 7 Mbps di qualsiasi operatore minore, vadano davvero a quella velocità? E che chi finora ha vissuto l’incubo del digital divide possa finalmente vedere qualche risultato anche dalle proprie parti?
In breve: darei priorità assoluta a 1) arrivare dove ancora non c’è banda larga o quasi e 2) investire sulle dorsali e sui nodi, molto più bisognosi, visto che se tutti decidessero di usare contemporaneamente la propria connettività a banda piena ci sarebbe il tracollo totale.
Nessuno, come ripeto, dice che non si debbano provare le fibre a 100 Mbps o la connettività wireless a 40 Mbps. Ma farlo come si pensa di farlo equivale a portare nelle case di alcune città selezionate e per pochissimi utenti un contatore dell’energia elettrica tarato a 50 Kilowatt e lasciare che, nel paesino di montagna, si vada ancora avanti con le candele e, ogni tanto, con qualche ora di gruppo elettrogeno.
Banda superlarga, eh? Come sempre: a chi tanto, a chi niente
Non trovo molto sensato tutto il clamore intorno alle iniziative di banda superlarga, sia fissa che mobile, a cui si sta assistendo negli ultimi giorni. Anzi, a essere sinceri, non trovo sensate neppure le iniziative in sé: mi spiego meglio.
Essendo prima di tutto un appassionato, di certo non voglio assumere una posizione a favore dello stallo tecnologico, questo deve essere chiaro: le novità ci sono, il modo per correre di più c’è, ma un conto è farci qualche prova, un conto è fare degli investimenti a spicchi.
Non c'è niente da ridere: in Italia, in alcune zone, la situazione non è questa ma ci manca poco
Si parla di due questioni: la banda larga in fibra a 100 Megabit/s e il progetto di Vodafone, che nelle ultime ore impazza sui titoli, indirizzato a portare a oltre 40 Megabit/s la connettività mobile. La direzione intrapresa per entrambi gli scenari, a mio personale avviso, non sta facendo altro che aumentare il divario digitale.
In maniera molto semplicistica potrei ricordare che le connessioni mobili 3G/HSDPA, spacciate da tutti gli operatori come connessioni a 7.2 Megabit al secondo, appaiono in realtà come fossero una gigantesca truffa: se qualcuno ha i mezzi per dimostrare il contrario, scriva nei commenti e dimostri di essere riuscito almeno una volta a impiegare una chiavetta 3G/HSDPA e vederla viaggiare, non dico tanto, almeno a 6 Mbps. Non cito nemmeno le proposte di usare chiavette a 14.4 o 28.8 Mbps: se non riescono ad andare a 7, figurarsi oltre.
E passiamo alla banda larga fissa. La realtà dei fatti qual’è? La raccontavo qualche tempo fa, cercando di far luce sul dilemma “Telecom o non Telecom”, che si pone spesso a chi vuole allacciarsi alla Rete. Ebbene, sostanzialmente quello scenario non è cambiato: con il deployment della fibra le dinamiche saranno grosso modo le stesse.
In tutto questo va fatta una considerazione di fondo: quando si sceglie di impiegare Telecom Italia (per Internet: lasciamo stare la telefonia), ancora oggi si parla di scegliere l’operatore dominante, quello che, di fatto, ha proprietà in tutta la filiera, dalla dorsale a casa del cliente. Quando si scelgono altri operatori, bisogna fare attenzione: se si sceglie un piccolo operatore, si sa già in anticipo di diventare dei sub-affittuari. Se si sceglie uno dei “grandi” (Fastweb, Wind/Infostrada, BT/Albacom, Tele2 o TeleTu che dir si voglia, Tiscali ed Eutelia) occorre accertarsi di diventare davvero loro clienti e basta.
Per esempio, Eutelia permette, con grande trasparenza (anche se poi è miserevole sotto altri aspetti come quello del Call Center) di sapere esattamente come stanno le cose: basta recarsi sulla pagina “Verifica copertura servizi a banda larga wholesale”, inserire il proprio numero di telefono Telecom Italia e da lì si può sapere esattamente se si sarà davvero suoi clienti o se lo si sarà utilizzando di fatto delle apparecchiature e della connettività in “subaffitto” di Telecom Italia (vedi figure in alto a sinistra).
Ora: sostituire Tele2 o TeleTu con Vodafone, perché quest’ultima possiede la medesima. In pratica, il cablaggio della fibra verrà suddiviso tra i grandi operatori: ed è ovvio, nessun piccolo operatore avrebbe il potere economico di investire in simili iniziative. Il triste viene da due aspetti: il primo è che i grandi vengono scelti perché hanno il potere economico, ma all’atto dell’investire non tirano fuori un soldo, fanno del tutto per farselo anticipare dalle banche. Il secondo è che (nella migliore delle ipotesi) di fatto si viene a creare un nuovo “multipolio”, la cui consistenza è spalmata su sei grandi nomi.
Vediamola lato utenti: in questo sciocco paese c’è ancora una quota di digital divide notevolissima, oserei dire intollerabile. C’è ancora gente costretta ad usare la linea ISDN (che offre massimo 128 Kilobit/s, usando due canali) o, peggio, il modem a 56 Kilobit/s. Già, perché non bisogna farsi tradire dai comunicati stampa, che si riempiono la bocca con “3G” e “HSDPA”: in certi paesini, proprio laddove si usa ancora il modem, una debole rete cellulare magari c’è pure, ma di 3G spesso non ce ne è neanche l’ombra. E guardando “per aria”, il massimo che si può avere (forse) è una flebile e instabile connessione EDGE, ossia un massimo di 200 Kbps in condizioni ottimali, quindi di fatto molto meno.
Io dico solo una cosa, anche se si parla di due questioni diverse e di scenari diversi che, però, richiedono ingenti investimenti in ambo i casi: invece di spendere soldi per portare la fibra a pochi, invece di turlupinare il prossimo con stazioni radio base capaci di HSPA+ a 40 Mbps e oltre, che poi saranno sistematicamente strozzate o poco rifornite dalla dorsale, non sarebbe meglio livellare il servizio e fare in modo che tutti, dico tutti, quando usano una chiavetta a 7,2 Mbps ci vadano davvero? E che quando hanno una modesta ADSL a 7 Mbps di qualsiasi operatore minore, vadano davvero a quella velocità? E che chi finora ha vissuto l’incubo del digital divide possa finalmente vedere qualche risultato anche dalle proprie parti?
In breve: darei priorità assoluta a 1) arrivare dove ancora non c’è banda larga o quasi e 2) investire sulle dorsali e sui nodi, molto più bisognosi, visto che se tutti decidessero di usare contemporaneamente la propria connettività a banda piena ci sarebbe il tracollo totale.
Nessuno, come ripeto, dice che non si debbano provare le fibre a 100 Mbps o la connettività wireless a 40 Mbps. Ma farlo come si pensa di farlo equivale a portare nelle case di alcune città selezionate e per pochissimi utenti un contatore dell’energia elettrica tarato a 50 Kilowatt e lasciare che, nel paesino di montagna, si vada ancora avanti con le candele e, ogni tanto, con qualche ora di gruppo elettrogeno.
Marco Valerio Principato
Source: Banda superlarga, eh? Come sem...hi niente - The New Blog Times http://copycat.kodeware.net/16.png
Licenza CC: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/deed.it